Il 25 aprile 1945, giorno della
liberazione dell’Italia dal nazifascismo da parte delle forze alleate, rappresenta il momento fondante
della nostra repubblica democratica, sancita del 2 giugno del 1946 con il
referendum popolare a suffragio universale maschile e per la prima volta anche
femminile.
Giorno da ricordare, il 25 aprile, innanzitutto commemorando
i Caduti, tutti quei giovani combattenti nei venti mesi di lotta di
liberazione che non tornarono a casa e furono pianti da madri, mogli, figli,
fratelli con le stesse lacrime ancorché di colore politico diverso. Tutti lasciarono
sul campo di battaglia la loro giovane esistenza dalle cui indistinte ceneri
nacquero poi i papaveri rossi della toccante canzone di Fabrizio De André: La guerra di Piero.
Onoriamoli
tutti
Non per questo tuttavia intendiamo stravolgere
la storia, negando i fatti così come la storiografia vuole, né vogliamo togliere merito ai Caduti delle
formazioni partigiane, quelli coi fazzoletti rossi e verdi, i quali schierandosi
dalla parte giusta si opposero al totalitarismo, che delegava allo Stato etico il
diritto di decidere cosa ciascuno dovesse pensare, fare, dire, professare,
scegliere. No. Quello era il pensiero unico, dittatoriale che noi avversiamo ancor
più in questi ultimi mesi tormentati da nuove barbarie che ci avvertono quanto
precaria possa essere la libertà di un popolo e quanto difficile preservarla.
Ecco perché
oggi più che mai siamo profondamente riconoscenti
e consapevoli di avere un grande debito
nei confronti dei martiri della libertà, che ci hanno donato con il loro
sacrificio il pluralismo ideologico, la libertà politica, civile, religiosa
insieme alla possibilità di vivere in uno Stato democratico.
Siamo consapevoli. Perciò,
proprio per questo sarebbe riduttivo fermarci al ricordo riconoscente e
ancor più inutile commemorarli se non facessimo il punto sul significato che noi
diamo alla democrazia. Siamo certi che la nostra sia proprio una democrazia
matura che non confonde democrazia con demagogia, libertà individuale con libertà
collettiva, il bene del singolo con quello della comunità? O stiamo regredendo
verso un individualismo esasperato, sordo al rispetto del bene comune? Siamo
consapevoli che ogni qualvolta i due livelli si confondono, nasce il rischio di
perdere sia la libertà che la democrazia?
Ecco perché non possiamo oggi onorare
i Caduti per la libertà senza una riflessione profonda da cui scaturisca un
nuovo impegno civile,
che ci veda coinvolti in prima persona quali custodi della libertà, garanti
della democrazia, disposti a cedere un poco dei nostri diritti individuali in
nome dei doveri collettivi, parlando il linguaggio del dovere e non soltanto quello
dei diritti, facendoci portatori di pace non untori di odio e divisioni.
Oggi più che mai sarebbe auspicabile
che camminassimo sul solco di questi eroi impegnandoci a conservare e tramandare
la libertà ai nostri
figli e nipoti, salvaguardandola, custodendola, non a parole vuote ma con
l’impegno quotidiano di cittadini che sanno stare dentro il rispetto della cosa
pubblica, della natura, delle regole comuni, sapendo bene che, se oltrepassiamo
i limiti, miniamo la stessa democrazia. Ogni abuso è una violenza democratica,
ogni scantonamento una ferita allo Stato, ogni arbitrio un colpo alla comunità.
Facciamo in modo che non morirono
invano tutti gli eroi della libertà e i Nostri licatesi:
1)Raimondo
Savarino, martoriato e ucciso a Borzonasca in Liguria ;
2)Di Paola
Angelo, catturato con altri 17 partigiani venne prima torturato e poi avviato
alla fucilazione in località Sbaranzo di Clavesana;
3)Mantia
Angelo arruolato nella brigata Matteotti
morì in combattimento tra Baldissera d’Alba e Canale;
4)Gueli
Niccolò arruolatosi volontario a 19 anni nei parà della Folgore trovò eroicamente
la morte il 19 aprile 1945 con altri 37 paracadutisti del Corpo dei volontari
della Libertà sulla dorsale appenninica della linea gotica nel comune di Castel
del Rio, mentre cercava di espugnare la fortezza posta su Case Grizzane dove
erano asserragliati i cosiddetti Diavoli rossi tedeschi, aprendo il varco alle
truppe di liberazione.
per dilagare
nella pianura padana
5)Cassaro
Giuseppe carabiniere, vice brigadiere in servizio a Pinerolo in Val Chisone,
appartenente alla Brigata Ettore Serafino, cadde per fucilazione a Fenestrelle
il 22 aprile del 1944.
Né
soffrirono invano le donne deferite al tribunale speciale, istituito nel
novembre del 1926 per crimini contro la sicurezza dello Stato ed il Regime
fascista, cioè per i reati politici. Le coraggiose donne Siciliane sottoposte a
giudizio per avere difeso diritti sacrosanti negati dalla dittatura:
1) Lucia Caponnetto di Francofonte,
arrestata perché svoleva attività antifascista,
2) Giuseppina Cosolito di Caltagirone,
3) Amalia Gregorio di Santa Teresa Riva
(Me),
4) Emilia Ermellino di Messina.
5) Marrale Alessandra nata a Licata,
Tutte poi rinviate al tribunale ordinario
E non fu vano il dolore di chi pagò la dissidenza al fascismo col confino sperimentando sulla propria
pelle la limitazione della libertà personale:
1) Francesco Incorvaia;
2) Gaetano Cascino calzolaio,
antifascista;
3) Giuseppe Giosuè Greco, impiegato, apolitico;
4) Alfredo La Perna spedizioniere, comunista;
5) Onofrio Cavaleri, fotografo,
socialista;
6) Giovan Battista Adonnino, avvocato,
fascista;
7) Pietro Francesco Guidotto, studente,
fascista
Facciamo in modo che
dalle ceneri del passato nasca nuova semenza di civiltà e non di barbarie.
Buon 25 aprile
Bibliografia
1) S. Carbone- L. Grimaldi, Il popolo al
confino. La persecuzione fascista in Sicilia, Archivio centrale dello Stato,
Roma 1989
2) C. Zangara, Per Liberar l’Italia. I
Siciliani nella Resistenza /1943-45), ediz. La Vedetta Licata, 2011